Hanno issati i vincastri
e tutto di pioggia scintilla
i volti scarni sull’ispido pelo
rugiada, negli occhi un fuoco
profondo. Tremiti di febbre
come aura marina sul dorso
nudo e tremiti di morte
iridescenti senza una voce.
Han teso le fragili trappole,
nel tramonto era il presagio
dell’alba, l’attesa senza sonno
alla capanna nuda nell’oblio
del mondo, lottatori indomi
rassegnati pazienti. Nelle mani
il viscido sentore di squame,
bianche, arse dalla salsedine,
in muta preghiera congiunte
benedicente il sole.
Fedor Nicolay Smejerlink