Perché di repente trascoloraro gli occhi
tuoi vivi come luce del giorno
e le manine vagarono un attimo incerte
nel vuoto, quasi a cercare la mamma
che ancora tu non sapevi chiamare?
Sul muto lettuccio, ravvolta nel lino,
era un’imagine di rosea cera il tuo volto
e lo sguardo fisso ed attonito
cercava l’infinito oltre l’angusto orizzonte.
Ti guardavamo con amore inusitato:
il babbo ti chiamò per nome e pianse
la mamma era scarmigliata ed esangue
come Niobe presso i figli trafitti.
Parea eterna dovesse durare l’ambascia
nella casa che non avea visto altri lutti;
e tu la lasciavi, il più tenerello
di sei virgulti, tutti chini su te.
A me parve che tu fossi rapita
come colomba da un falco crudele,
e nel mio cuore di bimbo sorse un odio
profondo contro chi ti togliea alle carezze
mie dolci e all’amore mio grande.
di Fedor Nicolay Smejerlink