Esca senza profumo, luce.
Colmi di colori le cose
di pensieri le anime, odi
il brulichio della terra.
Di male è testimone l’intima
fibra di te, tenui contrasti
che ti percuotono, deviano
un’onda che sola poteva
fissare un attimo dell’infinito.
Io trepido della molesta
tua vacuità, in orgia di spettri
vaganti, che attendon contorni.
Posarti non puoi, ché la vita
d’effimera tace, se tronco
è l’afflusso che cosa viva
ti rende, palpabile quasi.
Cerulea pupilla s’imprime
dei tuoi legamenti sottili,
o d’ogni colore diverso
e sola da sè la rifrange.
Ma la notte verrà; fugata
dal fiore, dall’imo, dal gurgito
vasto dell’anima spenta.
Ombra che annienti, poteva
il Creato serbarsi, nel nulla
orrido giace, da cosa
divina; che tanto leggera
trascorri e implacabile.
Se cangi in unica informe
mille d’aspetti diversi
ne togli l’intima essenza
come svuotassi anche quest’anima
che più non risponde alla sorda
melanconia del nulla.
di Fedor Nicolay Smejerlink