Con occhi maliardi mi guardi, terra
genitrice di vermi
come brama avessi di possedermi
senza nulla donare.
Eppure io sono un seme
un piccolo seme di te, caduto
inavvertitamente
in un solco fecondo
non bruciato dal vento
dal gelo, dai dardi avidi del sole.
Lascia ch’io compia il mio ciclo, l’ellissi
che non io mi tracciai
che non so dove concluda il suo corso.
Che vuoi tu, terra fredda,
tu, che con occhi maliardi mi guardi
se nemmeno hai la forza
di tenermi legato alla tua scorza
ruvida, salsa, che sa di rovina
per un tempo infinito?
Ti calpesto con piede
stanco, ma sento che ad esso tu cedi,
ti graffio con l’unghia del mio bastone
e ti sgretoli, marcia.
Non hai nulla da darmi
sì ch’io madre ti dica
nulla hai da offrirmi per rendere lieti
questi miei giorni di vita mortale.
Verrò da te un giorno
e né io né tu giammai lo sapremo
confusi in una comune materia
che non muterà nome
per un connubio che non ha alcun senso
per un impasto di fango e di carne.
Fedor Nicolay Smejerlink