Canta il cigno laggiù nella palude
un melodioso canto,
brilla negli occhi già impietriti il sole.
Ma spera ancora; il tardo
muover de piedi in faticoso approdo
l’ansia del tempo ormai senza più tempo
e il corpo s’abbandona
in uno sforzo vacuo
che nulla ha più di vivo e di mortale.
Ombra fuggente agli occhi suoi molesta
ogni aspetto di vita
e attende che si plachi
l’ansia penosa che gli batte in petto.
Splendido cigno, quanta mi fai pena!
Tacito allarga l’ali
sulle acque amare che ti stanno attorno
piega l’altero capo
e docile raccogli
tra le tue zampe la dolente morte.
Ma canti, canti ancora
le ali dispiegate al cielo tendi
e ti par di volare tra le nubi
quasi prossimo al sole
ed or si cinge d’armoniosa veste
il tuo canto possente
e più non ha confini.
Non temere la morte, è un noto evento.
Ancora canta a dispiegata voce
anima altera e stanca
nulla concedi al rovinio del tempo
fin che puoi canta,ebbro di sole, schivo
d’ogni pensier terreno
d’ogni tristezza vana
e canta fino a che ne hai pieno il cuore
che trabocchi la vita
in disumano gemito di morte.
Fedor Nicolay Smejerlink