Riso doloroso di Gwynplaine
sulla faccia stanca
e l’anima immersa nell’abisso
del pensiero, senza sosta.
Vi è nell’ansia di uscire alla luce
il prodigio del vero
ma tenuto in un intrico di fili
senza bandolo, anellidi vacui
che con oscena bocca
fanno scempio. Se non ascolti
le voci che urgono nella trama
del tempo, andrai innanzi
cieco vinto dal torpore
che si sperde sui passi
noti, disposti nella memoria
come negli alveoli delle spiche
il grano. La luce che abbaglia
è divina e nelle solitarie
regioni del cielo
gli occhi restano inerti, solo
il pensiero è veggente.
Fedor Nicolay Smejerlink